Interviste a Pasquale Panella - Sintesi Estratti di Marco "Amos" Sicco ...

* Periodo Battisti, 1986-1994

* Dicembre 1987 Il mondo della canzonetta non è contenuto né contenitore: è pura astrazione artistica (Siae), pura aleatorietà imprenditoriale (discografia), autentico abbaglio di invasati vocazionali (i cantanti). Opporsi ai c.d. [= cosiddetti, ndr] mondi, quindi anche a quello della canzonetta, bene o male è già un segno, se pur vago, di riconoscimento di un ambiente. E questo ambiente, invece non esiste. Non è degradato da bassa imprenditoria o ridotta vocazione: proprio non esiste! Io ricerco la via del fallimento più concreto. Chi scrive una canzone è capace di scrivere poi di tutto... è già un potenziale matricida. È un gesto che non m'interessa compiere. Spero di essere infallibile solo nella frequentazione del nulla, la scrittura musical-leggera è invece riferibile al sub-umano. Quindi altamente fallace. Non amo affatto l'immagine (ovviamente né cinema né televisione), credo sia degradante, perversa, degenere. Il massimo sarebbe stato fare il casellante di treni. La canzone è inascoltabile. È una fenomenale perdita di tempo, anche perché sporca lo stile orale di tutti i giorni. ...il caldo invito a tutti i presunti vagheggiatori di cantar leggero è: non importunatemi. È il vero che è difficilissimo, ormai dimenticato, consunto. * Dicembre 1990 Peggio delle canzoni c'è solo... la critica delle stesse. Il tempo fugge. Sul tempo vige una struttura linguistica: ecco il senso di Don Giovanni. Come si fa ad essere cronologici? L'importante è l'apparenza, io mi fido solo di essa. Perché la discesa agli inferi è una frequentazione di falsi... il profondo è meno sincero, lo so. Ciampi? Lui parlava a pernacchi, era formidabile, faceva del teatro perpetuo... So perfettamente... quello che non scriverò. E così, a furia di non scrivere di questo e di quello, in quel modo e in quell'altro... ...il senso è il luogo della reazione, il senso è vivere sotto specie reazionaria. Se scrivo per urgenza? Sarei un bel trombone, sentimentale, sarebbe una fisima quotidiana... così come un certo uso corrente del 'socio-politico-economico'... si arriva sempre e comunque in ritardo, è inutile, davvero. ...non faccio parte di categorie. È fastidioso far parte di categorie, non lo capisco... come si fa a vincere da poeti? a quindici anni decidi di scrivere e basta: ecco la radice: la ragione forte e poi ci sono le letture... La canzone d'autore? Quale, quella che si canta nei festival alternativi, quelli che diventano tali proprio in nome d'un cantante che muore? Lasciamo perdere... * 1990/92 (?) I musicisti che parlano di musica sono penosi come quei pittori che cercano di spiegare i loro quadri. I musicisti dovrebbero suonare o stare zitti. Le canzoni sono povere cose, risolte solo in termini strutturali in cui, come in poesia, solo la rima è casuale, anche se sembra il contrario. Il cantante, l'autore, il poeta sono dei gran truffatori che si trastullano con le parole. Se questo è il gioco, beh... a me piace portare la canzone all'estenuazione, cercarne il limite estremo, dare alle parole ed al loro susseguirsi una strana configurazione. Mettere a rischio le parole, provare a confonderle, prima che loro - e la noia - abbiano il sopravvento. E poi la poesia, in Italia, forse a parte Sanguinetti, è una cosa aulica per tromboni, giovani poeti di ottant'anni come Luzi e Raboni. Comunque le canzoni sono canzoni, non poesie. E io non posso prendere sul serio le canzoni. Io non ho fatto nessuna rivoluzione, se la sono inventata critici e pubblico, come sempre accade. * Ott/Nov 1992 Lucio [Battisti, ndr] è molto sensibile, è un personaggio straordinario. E normalissimo, malgrado tutta la letteratura che si fa su di lui, con lui lavoro benissimo, meglio che con chiunque altro. Ci capiamo al volo, ma finora ritengo di non aver ancora prodotto me stesso nella canzone. Io non so mai quello che scrivo, magari so quello che non scriverò. ...non si ricava da Thomas Mann niente di determinante, figurati da noi che scriviamo testi di canzoni! * Agosto 1994 L'Italia è attraversata dalla canzoncina, dalla musica leggera, questa cosa acquietante, torporosa, analgesica, democristiana, berlusconiana. In fondo dà la possibilità ai cronisti, al pubblico, ai cantanti, di esprimere il loro malore, i propri piccoli rammarichi, il proprio mal di denti, e questo fanno. Liceo. È che ad un certo punto ebbi ripugnanza per i contemporanei, e mi dissi: non mi avranno che in musica, morirò così, mi serve una musichetta per andarmene. L'arte non è seria. È serio chi la legge, chi la guarda, chi l'ascolta, ma chi la fa no... Ci mette un 80 per cento di cialtroneria, un po' di tecnica. Non credano di essere degli ascoltatori, sono dei sorci, più amano le mie canzoni più sono sorci. ...esiste qualcosa che non sia un punto di vista? * Settembre 1994 Professori e recensori che hanno aperto bocca per commentare il nostro lavoro non hanno capito nulla: è un manifesto contro la canzone spazzatura e come tale deve essere affrontato. La canzone è governativa, è serva, è espressione di potere politico, culturale, intellettuale: rispetta la legge, è scritta nei codici taciti che rendono complici anche schieramenti politici opposti. Il mio gioco è proprio trascorrere e percorrere le parole e i sensi. Invito al ritrovamento di un tesoro che tutti vogliono evitare. E soprattutto sfuggo il senso unico, o meglio l'unico senso. ... La musica? Il suono è un ricatto del pubblico che vuole sentirsi sentire. Il disco è intimo come è intima una ingiunzione di sfratto. Hegel è un equivoco, per cui se solo il reale è anche razionale allora si va a destra, se solo il razionale è anche reale si va a sinistra. Hegel è questa confusione-equivalenza tra conservazione e rivoluzione. [Le canzonette, ndr] ...sono sempre conservatrici ... Anche se chi le canta è convinto di essere a sinistra ... i Dylan e i De André sono in buona fede, e non sanno che sono pure loro di destra. ... In realtà tutta la musica leggera è conservatrice. ... Mi dicono che sono orfico, ermetico, dadaista, ma storicamente non posso esserlo, se lo volessi dovrei andare a cena con Tzara. Mi chiamano così perché non hanno una parola di nuovo conio. C'è chi dice "mi ha derubato perché non capisco". Ma cosa vogliono capire? Che la vita è difficile, che l'amore fa soffrire? Vogliono capire solo quello che sanno già. Sono cambiate tante cose, governi tremendi ci sono passati attraverso, ma la canzone è sempre rimasta, è la costante, c'è sempre stata, rassicurante e uguale, piena di senso. Io rifiuto la concezione borghese del senso come lucro. Con me gli [al pubblico, ndr] manca una cosa più importante, in realtà: il disinteresse. Si trova il piacere quando c'è il disinteresse, se si è vogliosi fino all'usura non si ha piacere. Ed anche la canzone, l'arte dovrebbe essere piacere, godimento. C'è chi cerca un senso anche nel piacere? E poi sono contro la riduzione borghese della figura retorica in senso, perché la figura retorica è il corpo della scrittura. ...c'è chi vuole trovare il senso mancante, come se ciò fosse possibile. Ma il senso, come loro lo intendono, non esiste. Sono io che non capisco loro. Dicono che scrivo parole in libertà. Ho forse una gabbia che ogni tanto apro per far uscire le parole? ... ...non voglio dire che se lavoro per primo mi sento più libero: quando ho scritto il primo verso devo continuare, sottostando alla sua logica e alla sua metrica. Le parole non hanno significato, perché ne hanno molti. Io ho una vocazione parossistica del senso. Detesto chi ne enfatizza uno soltanto. È un impoverimento della canzone. Le canzoni hanno bisogno di trovare sempre significati nuovi e non devono avere speranza. Cantare più volte una canzone è privarla di senso. Si ripete il testo senza sapere più cosa si dice. Le canzoni non aggregano. Se succede hanno solo una funzione di analgesico. * Ottobre 2006, "cofanetto Battisti-Panella" Non è che la mediocrità della canzone sia nei miei pensieri, è nella canzone stessa, e nemmeno la canzone è nei miei pensieri. Mediocrità significa nel medio, sempre tra i piedi, nel medium, nei media. Cade la domanda, un tonfo, una ranocchia salta. È un haiku, un regalo. Chi ascolta le canzoni ha una sua astuzia, risolve i quesiti e le complicazioni del mondo in pochi minuti e, addirittura nelle due direzioni del nulla angoscioso e del nulla ballabile. È la musica leggera: due palle e, nello stesso tempo, due palloncini in cielo. Le canzoni sono, credo, lavoro. Lasciamo perdere me, che le faccio sembrare una specie di festa. Ma sono lavoro dell'umanità. E pensare al lavoro stanca il pensiero. Poi non ascolto canzoni ma questa è una mia mancanza, sono troppo lunghe per la mia soglia di attenzione. ...nessuna cosa o espressione o parola detta o scritta è tanto stupida quanto può esserlo, invece, la firma in testa o in calce. Io vado incontro alle colluttazioni tra me e i meccanismi. Anche la promozione, l'intervista è un meccanismo commerciale, per usare le sue parole, una ruota dentata, per usarne altre. ... ...nel 1983 nacque un disco come "Oh, era ora", un grande disco [di Pappalardo, ndr] che andrebbe riscoperto anche perché al tempo non ebbe alcun successo. ...ne ho approfittato per inserire nel libretto allegato quaranta brevi componimenti poetici inediti che celebrassero in qualche modo la rinascita di queste canzoni. Uno per ogni canzone. Sono canzoni che appartengono al Novecento, vivono già nel passato. Canzoni che chiudevano un secolo, che davano un senso a tutte le sperimentazioni linguistiche e artistiche di quel periodo. Ora non sarebbe più possibile rifarle, non sarebbero più avanguardia, in quanto, come tutte le avanguardie, hanno un destino limitato nel tempo. Ma ebbero una funzione ben precisa. Cambiarono il ruolo dell'ascoltatore, troppo tollerante e passivo verso prodotti inutili e di basso livello. Lo sfidammo a essere attivo, a giudicare, a reagire alla sopportazione obbligatoria. Facemmo tutto come ci andava di fare, non pensammo mai di dover compiacere l'ascoltatore, di fare qualcosa per lui, lavorammo senza vincoli e obblighi. Io, in particolare, che mi sentivo un infiltrato nel mondo della musica, lavorai libero e senza alcuna pressione. Conoscevo appena quello che Battisti e Mogol avevano fatto prima di me. Non lo dico per supponenza, ma perché per me la musica è qualcosa di marginale e non prestavo ascolto a nulla. Il vero valore letterario va interiorizzato, vissuto, sofferto.

* Odissea, 1995

* Maggio 1995 Le mie canzoni non esistono, esiste solo il mio romanzo. ...non c'è nulla che sia più incompatibile di musica e parole... ...io non ricerco il senso, non godo degli scodinzolamenti del senso come fa il padrone di quelli del suo cane. Non voglio che il linguaggio sia utile, infatti perseguo il semplice godimento. Far piangere di desiderio: questa dev'essere la funzione della scrittura. ...la canzone attiene al genere comico-parodico, non esiste canzone che non sia la parodia di se stessa. Io voglio essere un uomo finito, perciò ricomincio. Farò letture romanzesche, io solo sul palco con una luce fissa. Tra tutti quelli che ho conosciuto, lui è il cantante a cui ho voluto più bene e che considero il più bravo, il più talentoso. È l'unico che non compone per scale, ascendenti o discendenti: detestabile la melodia, che deve piacerti, con i nastrini, con le coccarde; lui è sempre in controrespiro, ha degli intervalli tra note, delle escursioni tra gruppetti di tre o quattro note che fanno paura. È bella, anche a vedersi, una partitura di Carella. Cominciai con lui, con lui finisco, quindi il rapporto tra linguaggio e musica termina qui. L'Odissea è il poema del sonno, Ulisse nell'Odissea dorme sempre. Non accade nulla di ciò che viene ricordato come l'accaduto dell'Odissea; l'accaduto è narrato, è cantato da altri, da Nestore, da Menelao, da Elena, da Ulisse stesso. Con Carella abbiamo riconsegnato l'Odissea al frammento greco, alla canzoncina.

* Periodo Minghi, 1996...

* 1996 ...se proprio bisogna cantare che si canti l'amore, quello vero, eccessivo sino allo sdilinquimento, che si conosce solo quando si è soli, non in due... Minghi (...) si rifà al lied, non è un ragioniere della canzonetta. In un mondo così modico e monotono, Amedeo ed io vi invitiamo ad impazzire. D'amore, certo, di un amore folle, non attento alle istanze del tempo. L'album di Minghi non canta gli amori, le storie d'amore. È un lungo e incessante discorso amoroso. Un discorso balbettante, a tratti afasico, ma vivo...

* Corazzata, 1997

* aprile 1997 Il romanzo, ogni romanzo, va alla conquista e alla giustificazione del proprio titolo. ...la rivoluzione è l'unica cosa che l'uomo sa fare. Nell'attesa, però, l'altra cosa che sa e deve praticare è la sottomissione all'amore, in attesa della rivoluzione. ... Io scrivo per moto, mentre si parla per modi. ...non si scrivono che persuasioni occulte all'acquisto della persuasione stessa... Tutto va, dipende da chi lo fa... e c'è chi lo fa polemicamente: appiattisce, come dici, i sentimenti... pratica la critica come interpretazione, che nasce dalla petulanza e dalla presunzione d'essere al mondo... non siamo circondati che da contemporanei, marchingegni a manovella dai quali esce tutta spianata la pasta sfoglia, regolare misurata... ...non sono io polemico... polemico vuol dire bellicoso ossia consapevole d'essere al mondo e di quanto economicamente costi, significa "il proprio tempo" ambizioso di storia, roba da essere passabilmente viventi, nervosismo, scaramuccia... Ecco: io sono cosa dell'altro mondo... non ho il loro tempo, né il tempo loro di polemizzare... La guerra è un volgare patteggiamento tra danari sonanti, rimbombanti... Amo il moto perpetuo della rivoluzione, che tra l'altro combatte anche contro la guerra... ...criticamente non si parla che di merci... saggisticamente, di economia... l'opera può essere vista da dietro, dal davanti, entrandoci dentro: c'è un aria di spionaggio industriale... ...facciamo invece che il romanzo divide il mondo in due: da una parte il mondo, dall'altra il romanzo... che sia finalmente cosa dell'altro mondo, veramente... E è vero in maniera veramente oltremondana che nel romanzo io vivo in quell'aldilà con Duchesca e con tutti... io sto con loro... io sono il romanzesco che mi fa star con loro... ...la verità viene fuori dal contatto di linguaggio con finzione, e è materia per i denti, per gli affondamenti... è tutto un ricominciare... ricominciare a ricostruire la fine... non si continua niente... ...scrivere non è che scrivere un invito al lettore distratto, un riappropriarsi della generosità della lingua, un calcare la mano nell'impostazione aforistica, pseudonimica e metaforica... Meglio l'aforisma che il riassunto... l'aforisma non si può ridire se non moltiplicando le parole che lo dicono... ...io difendo tutto quello che parrebbe un difetto... Non sopporto la prudenza, la cautela, la frase scritta come risultato di una media tra frasi... Con me i parvenu della retorica e della stilistica si scatenano e diventano rabdomanti: scoprono l'acqua fresca: che si scrive per figure... Poi viene fuori che "aforisma" è il nome che si dà a una frasetta perentoria, inequivoca, certa... non so, mi viene da dire che anche questo è uno smascheramento del senso, del senso come sentenza, il verdetto contro il vero dire... ...si scrivono e si leggono porcheriole, prosettine accorte, oculate, assennate, misurate, giudiziose, circospette, dalle quali non si può ricavare neanche una frasettina passabilmente categorica per stroncare o insultare l'autore...

* La canzone, Barthes, Mogol, Battisti, Carella, Minghi, Oxa...

* Settembre 1994 Lucio Battisti si occulta perché può farlo. Non conosco un solo artista che non abbia, anche a tratti, desiderio di fuggire dal pubblico, ma il distanziamento gli sarebbe fatale. * Novembre 1998 Le canzoni di Mogol erano la via mediana. Argentea, più spesso bronzea mediocrità. Canzoni del senso di colpa e della frustrazione. Sono sempre in tre, non c'è mai vero erotismo. Ci senti dietro Scelba, Fanfani, la Buoncostume: è lei o non è lei? Chi bussa alla porta? Cielo, suo marito... Dietro dolcezza e liturgia/orgetta e leccornía, c'è un corpo e si sente. Dietro i cantati italiani medi non ci sono corpi. Sono antierotici e antieroici, prudenti, modici, comodi. Sembrano evirati. Mancano anche i sentimenti. Non c'è sen-ti-men-ta-li-tà (senti che sinusoidale). Dicono di essere contro il sentimentalismo. Benissimo: datelo tutto a me. [...si salvano, ndr:] Charles Trenet (La mer), Frank Sinatra (My way) e oggi Sergio Bruni (Carmela). La fonazione di Sergio Bruni se la possono sognare tutti quanti, bisogna alzarsi in piedi quando si parla di lui. ...i poeti maschi al massimo sono poetesse. Con i loro riti minimi, i loro piccoli traffici. Patrizia Valduga? Veste di nero, ha un faccino eccitante, quindi è poeta. Edoardo Sanguineti? Ostenta la sdentatura: anche lui poeta. Giovanni Raboni? Poetessa, o ancor meno. Più che altro è un usurpatore di barba. Scrittore. Uno che scrive è scrittore. Inutile cercare altre parole. Le canzoni sono state la mia Abissinia. Come Rimbaud, ma con la gamba sana. Ho fatto commercio di parole schiave. Battisti mi ha scelto sulla parola, non sapeva quello che gli avrei dato, mi ha portato la musica del Don Giovanni e io ci ho scritto sopra i testi. Dall'Apparenza il metodo è cambiato: prima i testi e poi la musica. Subito dopo Hegel ho deciso di smettere, perché si correva il rischio della ripetizione. Avrei dovuto farlo anche prima. Del disco postumo di cui si vocifera non so niente. Ammesso che esista davvero, i testi non sono miei. * 1999 A me non è mai importato nulla della musica. La considero, essendo purtroppo delle canzoni, un incidente da adoperare, da sopportare. Perché la canzone te la prendi inaspettatamente, non la cerchi, accendi la radio, mentre la poesia te la cerchi. Ecco, su questo equivoco si fonda il principio di mediocrità della canzone cioè nel fatto che è mediocre e stupida come la natura, perché la natura è stupida: ha delle ricorrenze idiote; a primavera fiorisce, poi più avanti fruttifica, è idiota, ripete sempre le stesse cose, e la canzone imita la stupidità della natura. Difatti vedi le ricorrenze: Disco per l'Estate, Sanremo... Vuoi conoscere gli autori delle canzoni italiane, vuoi sapere chi sono? Di Gava-Fanfani. L'imbecillità è rotonda come una palla: quella rotondità che presume di essere l'assoluto, lo sferico, come nel calcio. La vera canzone è incantabile! Il vero canto lo puoi ambire, lo puoi vagheggiare, ma non cantare; il vero canto, salvo che tu non sia lacerato, non sia in pericolo di morte, non sia al limite della vita: allora sì, puoi cantare. Tutto ciò che può essere cantato in gita non è canto, è passatempo. è chilometraggio, è attesa di scendere e andare a farsi le acque, attesa di scendere a urinare. è questo, non un canto. ...quando io dico non sono poeta, sono pre-poeta, vengo prima del poetico... La poesia, quando la scrivi, è mediocre; prima no, quando la scrivi è mediocre. Il poeta che si cerca la rima, la rimetta, è mediocre; il poeta che cincischia con le metriche, le più azzardate anche, le più scapestrate, è mediocre... ...per me la canzone è la voce dell'intimità... Io non parlo di emozioni, io sono l'emozione, questo è il punto. O sono l'emozione o sono niente, non parla l'emozione: io sono la speranza o sono niente, non parlo della speranza né la do; non c'è la speranza, ci sono io, ma la speranza no. L'arte non esiste, esistono dei tentativi, delle espressioni, dei referenti oggettivi, sculture, quadri, pagine. Non esiste l'arte così come non esiste la libertà... ...le canzoni non hanno nulla a che vedere né con la musica né con la poesia. * 2000 Sto chiudendo un periodo, un periodo blu. Non come Picasso, imitativamente, ma chiudo il mio periodo blu per entrare in quello rosa, il colore della cattiveria e della crudeltà. Per me scrivere le canzoni è come fare le rapine. C'è un mondo abbastanza imbecille da farsi uscire i soldi dalle tasche, senza nemmeno dover andar là a mano armata. Io che nella vita non ho fatto altro che pensare a scrivere, anzi non ho fatto altro che non pensare a scrivere, so che basta appoggiare la mano sui tasti della macchina da scrivere, come si fa su quelli di un pianoforte, e fai uscire quattro parole. Ma se ciò non è preceduto da una continua elaborazione della scrittura precedente, non esiste scrivere. Scrivere significa avere tutte le vocazioni, e dibattersi perfino nella sconoscenza. Ecco perché nelle canzoni si vola sempre, il primo referente dinamico e primordiale è quello, e nella canzone generalmente è teorico. Se uno parla del volo o è perché vive tutti i giorni su un aereo, o è perché si sta frustrando. Non è che io perda tutta la notte per dire solo "io volo", come scrissi in un pezzo. Perché più astutamente osservavo la frustrazione che a loro veniva, cantanti e autori, mettendo il volo dovunque. La canzone è ingenua, una da poco arrivata, una parvenue. ...quelli di Dylan mi sembrarono testi di uno scadente spiritualismo. Nessuno era d'accordo, tutti credevano che fossero gran cose. Solo dopo trent'anni, andandolo a rileggere, se ne rendono conto, forse perché lo hanno visto piegarsi davanti al papa. Sembravano canzoni di grande assalto, ma non era vero: canzoni mormoni, piegate, molto moraleggianti. Se si scrive "Panella persegue un progetto di insensatezza", ed è firmato Roland Barthes anziché Fegiz, è questo che fa la differenza. Tra un uomo e una donna, non sia mai che uno debba dire all'altro: "fàmmiti sempre capire". Mi sembra molto offensivo. ...nego che ci sia un'affinità tra musica e testi, che ci sia stata o che ci sarà. È un matrimonio di interessi. La parola non ha niente da condividere con la musica, né la musica con le parole. Se uno dovesse ricostruire i rapporti umani dalle canzoni, non ne verrebbe fuori quasi nulla. È un mondo molle, perché è un mondo medio. È un mondo di quella vita là, che non prende posizione né per un verso né per un altro. Non dà colpi né al cerchio né alla botte: accenna. Alla canzone non è chiesto di dire, ma solo di apparire. Ecco perché L'apparenza. Ho letto di Graham Greene che era uno scrittore mediocre perché parlava di persone. Obiettivamente è uno scrittore medio. Un bravo scrittore, scrittore-scrittore, di quelli veri, scrittore di professione, non certamente di vocazione. Si interessava delle persone perché di meglio non sapeva fare. Interessarsi alle vite è una noia, perché le vite sono noiose. ...Genet, che non aveva amici, ma che perciò aveva ancora qualcosa di più potente, con i suoi complici. Dell'amicizia non me ne importa nulla, anzi la detesto un pochino. Non la capisco. ...uno notevole sotto il profilo esistenziale è Enzo Carella, perché non avendo vissuto imprenditorialmente la vita che fa, vive una vita senza risorse, che io ricordo e tengo presente... Se mi dessero un miliardo per posare nudo lo accetterei, perché mi metterebbe a rischio e non me ne importerebbe nulla. Alcune cose io non le ho neanche firmate, perché non volevo diventare un miserabile mito della musica leggera, come dire: non c'è altro, ti devi accontentare. Diventare qualcosa in mancanza di tutto. Non esiste un autore di canzoni che non sia stato pubbblico della canzone. Durano forse uguale, la canzone e il miracolo: per un miracolo un tempo di quattro minuti è sufficiente. La noia, l'usura, la sopravvivenza di una chiesa su quel miracolo sono molto più durature. ... In realtà [la canzone, ndr] occupa poca parte nella mia vita. Purtroppo occupa molta parte dei presentatori, molta parte dei cantanti ridicoli, molta parte di un pubblico più ridicolo dei cantanti, dal momento che sono intercambiabili. Lo dico sempre: il cantante è uno del pubblico che entra da un'altra parte. Con tutta la simpatia, davvero con tutta la simpatia per quel cantante genovese scomparso da poco, ma sentir dire che i suoi testi sono poesia... ma è possibile? Ma allora il piccolo, il minuto, il dolce Umberto Saba chi è, Dio? Incredibile! Quelle rimette, quelle rimettine così tornanti, così puntuali che ...insomma fatte da uno scolaretto meritano già l'insufficienza. A me piacerebbe fare il teatro della noia, il teatro del ronzio. 'Silenzio si dorme!' oppure 'Silenzio si dorma!' potrebbe intitolarsi il mio spettacolo. ...da quello che scrive il critico che si capisce se ha mangiato male la sera prima, se ha avuto una notte insonne, se ha avuto il mal di testa! I critici non recensiscono che se stessi. La recensione è un prolungamento dell'ufficio stampa e della casa editrice: non serve a nulla! ...l'errore non stava tanto in quello che l'articolo diceva. L'errore stava nella firma. Fosse stato firmato da Roland Barthes, sarebbe stato un elogio enorme. Sarebbe stato eccezionale, eccellente. Il giorno dopo sarei diventato accademico di Francia. Ma purtroppo la firma è di un critico musicale. Il cantante non sa nulla di musica. Il compositore di musica leggera compone a orecchio, questo si sa. Dal punto di vista della competenza stanno un po' tutti a terra: tu gli fai un nome, loro stanno là come allocchi ad ascoltarti, poi si interessano di quell'autore, eccetera eccetera. Duchesca è il nome di un mercato di Napoli, in cui, mettiamo, l'acquirente desidera comperare uno stereo, e invece i venditori gli rifilano un mattone senza che lui se ne accorga. Duchesca è il mercato delle 'sòle' come dicono qui a Roma. Allo stesso modo, se il pubblico mi chiede lo stereo, il rumoroso, io invece gli rifilo il silenzioso! ...il periodo Minghi, per esempio, era un periodo rivoluzionario, perché maneggiavo il cuore: infilavo le mani nei toraci... quella cosa alla quale sono molto affezionato, quella del trottolino amoroso, solo oggi cominciano ad apprezzarne il fregio... * 2001 Non è agevole muoversi nella libertà, anzi cerco limiti. Più è stretta la via, meglio mi trovo. Le canzoni migliori si scrivono in galera, almeno a giudicare dagli irregolari della letteratura francese come il marchese De Sade, Genet o Céline, che in prigione hanno scritto buone canzoni. La libertà mi sembra solo una voce messa incautamente in giro. ...per essere ancora meno chiaro: credo che il romanzesco, e non il visibile, sia il vero reale. [Battisti, Minghi...] Quelle erano vicende discografiche. Qui sono con un musicista che è riuscito a scrivere partiture romanzesche. Il prodotto discografico ha certi canoni, qui c'è sgregolamento totale, scatenamento di sensi, di gesto, di ispirazione. Insomma, qui c'è lo sperpero di sé da parte del musicista, dell'autore del testo, mentre nella canzone sono tutti un po' tirchi, avidi di trattenere, di dosare dalla loro piccola cassafortina di idee. ... Fa bene a volte Vasco Rossi, che butta giù in musica quei rumori dell'esistenza che sono come uno sbadiglio, uno starnuto. Il citazionismo di Zucchero è molto bello: ormai non è possibile che una canzone di canzoni. Oggi è ridicolo dire qualcosa con capo, fine e coda. E Zucchero non tollera l'aneddoto, il Pascolismo della canzone italiana soprattutto d'autore: quell'eufonia raccapricciante. Altro che plagi: quel che fa è stupendo. Sono contro l'accademismo scolaresco della canzone d'autore. Battiato mi fa venire in mente un neofita che guarda il mondo indossando il grembiulino di scuola; se "Fin che la barca va" fosse stata scritta da un cantautore, sarebbe diventata l'inno nazionale. Pensi a "Roberta, ascolta" di Peppino Di Capri; non è un po' la stessa cosa di "Silvia rimembri" di Leopardi?. * 2002 Battisti? Con lui per la prima volta ho fatto provare alla canzone il brivido della scrittura. Io facevo i comodi miei, la discografia non aspettava altro. E qualcuno scriveva: musica d'avanguardia. Stolti. E allora Stockhausen cos'è? ... Riguardo ai testi che scrissi per Battisti, ritengo non sia importante una loro comprensione. Quei testi sono stati come delle apparizioni, chi li dovesse capire non è adatto all'innamoramento. Quanti li hanno criticati dicendo che non si capiva nulla, probabilmente si sentivano respinti come innamorati. Mi sento vicino al jazz non per le figure, i modi o i suoi stilemi, quanto invece per l'improvvisazione di cui questa musica si nutre. Mi piacerebbe praticare una scrittura che sia più improvvisata che altro. Sono stufo di ascoltare temini spacciati per canzoni, fatti di rimette meditate, precisine. Trovo ci sia molta stanchezza in una scrittura così attenta che pervade questi temini così pascoliani, anche se Pascoli era bravo e loro no. Tutto il mondo dei cantautori è insopportabile. Un mondo fatto di piccole moralità. ... ...ascoltando i nastrini, prima che diventino canzoni, eh beh, per me è difficile stabilire chi sia il migliore; eh, purtroppo devo dire questo, che alle volte è... è l'investimento che decide chi sia poi, chi sarà poi il migliore. Sembra un po', così azzardata la cosa, però è vera, è vera... Io ho ascoltato nastrini di ragazzi assolutamente ignoti, che poi magari non hanno fatto il disco, eppure erano molto bravi. ...si rischia che la musica diventi un po' qualcosa come il campionato di calcio, no? una cosa agonistica; per cui a un certo punto esistono le classifiche, il primo nelle vendite risulta essere poi alla fine il più bravo, no, c'è, c'è... purtroppo si ingenera questo equivoco, che il primo nelle vendite poi risulti essere probabilmente il più bravo, il che è falso, è assolutamente falso. ...ci sono molti scrittori minori che non hanno incontrato il loro personaggio, che sono... che sono probabilmente maggiori dei maggiori. Però non hanno incontrato 'il successo'... ...potrei dire forse che mi piace più di tutte le canzoni 'Le cose che pensano'. Perché fu la prima, e nelle Cose che pensano c'è un po' tutto, fino a... fino all'ultima. Ad ascoltarla bene è... è un programma... ...anche parlando di seduzione, dico 'Ah,' tutti pensano si debba... si debbano dire le cose... di nuovo, no? O cose nuove, o cose spericolatamente nuove, e poi, ...sì che poi nuove non sono... Il bello è ridirle... ridirle... È difficile ridire. È più facile, è più facile fingere di stare a... dire... al nuovo, che poi non esiste. Credo che si costruisca molto passato, ma alle volte molto presuntuoso futuro, e pochissimo presente. * 2003 C'erano [Battisti, ndr] i testi, la musica, poi in qualche modo ci si beava insieme delle cose fatte. ...io credo che gli piacesse molto la mia volontà assoluta di mettere dentro i testi la materia, le cose, la metropolitana, il ferro, l'ancora. Una metafisica all'incontrario che mi divertiva molto. Un conto è il capolavoro, un altro il ricordo del capolavoro. ... I Queen mi piacciono perché sono degli splendidi svergognati. Svergognati per l'uso di alcuni frammenti melodici che in Italia chiunque avrebbe paura di usare, proprio perché molto italiani. ...io in vita mia non ho mai visto Mango. Non l'ho mai incontrato. È un bravissimo compositore. Anche lui è uno che sfiora la vergogna. * 2006 La canzone è parassitaria e aneddotica quando pretende di raccontare il sentimento. Questa invece [Anna Oxa, ndr] doveva essere la voce che è, di per sé, sentimento. Immediata, diretta e non poveramente narrativa. ... Un pubblico... demoscopico è una entità virtuale, una finzione che non poteva cogliere qualcosa di così autentico. Lo può capire solo il popolo vero. ... Credetemi arriverà l'Apocalisse, ma arriverà con dolcezza

* Céline (Regolamento), 2001

* gennaio 2001 ...io ci andrei molto cauto con questa storia di Céline antisemita. Céline in realtà ha avuto una sbandata commovente perché detestava, come quegli altri due grandi scorbutici verso l'ortodossia linguistica che erano De Sade e Jean Genet, il popolo come espressione borghese e convenzionale, il popolo che si sente protagonista delle rivoluzioni e della storia e non lo è... Le invettive di Céline sono rivolte, non a caso, verso due popoli in particolare: quello ebreo e quello comunista. Verso quello ebreo perché è il popolo eletto, il popolo più popolo di tutti, il popolo più testardamente tale, più duramente rinchiuso nella propria identità consortile e quindi, nella visione di Céline, più parodico di tutti. E verso quello comunista perché la Rivoluzione d'Ottobre aveva suscitato in lui una grande attrattiva anche come rivoluzione estetica, nella pittura, nella danza, nel cinema; un'aspettativa che resterà duramente delusa. (...) Oggi potrebbe prendersela benissimo col popolo di internet o col popolo globale. Alla fine il senso dell'opera di Céline è quella di regolare i conti con il popolo comunista e con il popolo ebreo per regolare i conti con il consorzio umano. E regolare i conti con il consorzio umano è un modo per regolarli con se stesso. ... La canzone ha sempre attratto gli irregolari, i "non organici" della letteratura, anche Jean Genet e il marchese De Sade in galera scrivevano le canzoni...

* De Reitano, 2002

...nelle interviste di solito non c'è rapsodia: tutto è conveniente come un sonno indisturbato... Ho sospeso la ragione e la prudenza di farle, le cose. Esiste un'altra realtà, quella inopportuna, e mi piace. Se avverto l'urgente sconvenienza di una cosa, allora la faccio. [Reitano, ndr] È l'utopia del cantante, senza progetto e strategie, imprevisto dal mercato. ...sia Reitano che Notre Dame de Paris sono espressioni popolari del canto. Notre Dame è un'opera popolar-romantica, e il cantante utopico è sentimental popolare. Io non ho progetti. Sono come il baco: secerno seta. Con il 20° posto abbiamo vinto a man bassa. Aspettavano il Reitano nazional-popolare, grottesco, strappacore? Hanno avuto un grande musicista e interprete. Ma il pubblico è vendicativo: Reitano non può essere grande, ed ecco il castigo. Che per noi è un premio: Reitano non rappresenta più l'Italia. E se l'Italia è quella che sta appresso alle lacrime di Padre Pio, viva Reitano! ... La canzone ideale? Rose Rosse, non ho mai sopportato le canzoni che pretendono di essere altro, rose rosse per te, e basta. Rose Rosse è come la democrazia cristiana, non ne trovi uno che dica: mi piace, e invece è la canzone perfetta. Nella canzone di Sanremo non c'è niente da spiegare, c'è lui che canta. Canta che canta, capito? È tautologico, è tutto qui. ... Mi chiamò al telefono e rimasi colpito dalla foga rotolante delle sue parole. Ebbi subito l'impressione che stavo ascoltando la voce del cantante. Mentre lui parlava, decisi che gli avrei scritto una canzone. Quella che lui chiamava, la mia canzone, e che nessuno gli scriveva. Ho avuto l'impressione che fosse più cantante lui di tanti altri che si spacciano per tali. In giro ci sono tante imitazioni del cantante. Reitano non è un'imitazione.

* Notre Dame, 2002

È noto che ho qualche problema con la realtà. Per me il romanzesco è reale. ...non si può parlare di traduzione ... semmai di riscrittura. ...questo spettacolo che racconta di emarginati e clandestini arriva nel momento di passaggio e rottura che stiamo vivendo noi oggi, in un mondo in cui è giunto il tempo in cui dobbiamo sentirci tutti clandestini. ... Esmeralda imbroglia se stessa nel credere nell'amore intellettuale. Anche Quasimodo inventa un 'fantasma di sé', un uomo che non c'è. Febo, il militare, è un 'soldatino di piombo' da collezionare, si nega come uomo, si rifugia nel matrimonio con Fiordaliso per non mettersi in gioco. L'erotico viene praticato in negazione. Nessuno è sedotto o seduttore. L'erotismo è rinviato ad altro. In qualche modo vince la morale borghese del controllo del piacere: non dimentichiamoci che Hugo è quasi contemporaneo di Marx. Sono i tempi che fanno gli uomini. I personaggi di Hugo sono figurine piane, il prete cattivone, il soldato deficiente, Quasimodo la sofferenza, Esmeralda la bellezza. Mancano le ragioni del loro agire: io le ho cercate. ... Hugo scrisse Notre Dame intorno a questa parola, fatalità. ... Vorrei davvero che si riconoscesse il loro valore, che ci si togliesse il cappello davanti ai librettisti italiani dell'800: Arrigo Boito, Cesare Sterbini, Felice Romani, Illica, Giacosa, preceduti dal grande Lorenzo Da Ponte. La bellezza, in Hugo, sfonda la barriera del sacro, del fideismo, di ciò che credi giusto. ... "Notre Dame" è com'è l'amore... non si sa com'è... fatalità, morte, tortura... non si sa cos'è... tutto il resto si sa: scienza, religione, potere, bellezza, romanzo, realtà... L'amore è farlo e questo spettacolo lo fa. Plamondon è stato molto bravo ad avvicinare i personaggi, io gli ho messo le mani addosso. Con l'amore ho ingaggiato una lotta. Questo amore del quale oggi si fa abuso narcotico, calmante... Tutti amerebbero, nessuno si chiede fino a che punto è amabile. ... Anche per la musica è tutto così fluido, tutto a colpo d'orecchio. Una bella sensazione, insomma, visto che col termine musica popolare viene a volte contrabbandata quella che non è. ...credo che chi usa spesso la parola libertà stia tradendola, stia già creando dei problemi a qualcun altro. Nel momento in cui questa parola viene pronunciata diventa subito bersaglio. La libertà è qualcosa di cospiratorio. È un segreto. Credo poco nella possibilità dell'esercizio della stessa, anche se in una forma di libertà credo. La libertà di andarsene, di non esserci. Altro che quella cosa là che ha ingannato parecchie generazioni di deficienti, convinti che la libertà fosse partecipazione. Ma di che, mi chiedo io. Le tivù sono diventate di partecipazione. E la libertà con partecipazione è una cosa industriale, imprenditoriale. Penso che qualche timore, all'inizio Riccardo l'abbia avuto, ma con me capita sempre così: sono tutti molto attratti a al tempo stesso respinti dalla paura che dia i numeri. ... Il romanzo francese dell'Ottocento ricorre a schemi anche primordiali. Ma l'italiano, pensiamo a Manzoni, l'unico che abbiamo, è più cavilloso. Il romanzo italiano dell'Ottocento è l'opera. ...la partitura di Riccardo è più complessa dell'originale francese. E io ho tradotto la partitura. Il libretto francese mostra i personaggi solo di fronte. Io li descrivo anche di spalle. ... ...la ruota... bisognava non inventarla... tutto s'è mosso da allora in poi come la ruota... anche la terra: la sfera è tutte le ruote che girano sul mozzo e intorno al mozzo... la vita... bisognava fermarsi, fermare la ruota, montarla a se stessa, allucinarsi di ruota... decidere la sua inutilità... magari anche stupirsene di quanto lo fosse, inutile... Non è stato... da allora tutti ragionano, hanno ragionato con le ruote per terra. Sono diventato un fantasma all'età di 15 anni, il mio corpo è diventato un castello, il cervello una serra umida e tiepida che invece di pensieri fa ravanelli o quello che gli pare fuori stagione, il cuore è un martello per piccole riparazioni, per le correnti d'aria e gli spifferi ho i polmoni. I libri non andrebbero letti, andrebbero visti... ...come un orologio rotto, due volte al giorno, do l'ora esatta. È un attimo. Sfioro la scrittura. ...lo spettacolo è popolare se intorno c'è l'arrosto... ...cos'è unico? Per me l'uovo sodo, ne mangio uno solo all'anno... arriva quel giorno, quell'uovo, e lo so: non esiste che l'uovo sodo... quel giorno. Scrissi: Amor che solo con l'amor si mesce et ama. Ma anche come la voglia di dormire col dormire. Mi pare sempre più spesso che chi parla d'amore sbavi come un assonnato. Oggi se ne parla un po' troppo, brutto segno, brutto sonno. La religione è nostalgia di sé, di noi quando eravamo dei, quando ci andammo vicini... un dio fuori di noi è ridicolo, un dio guardiano... ma l'uomo crede sempre che gli uomini siano dei porci... allora addio dio... quel che resta è vita mortale, ossia servilismo e opportunismo. ...l'immagine è quel che muore, l'apparire è come muore. Altro che sfoggio di sé... se solo si sapesse. ...quando dicono che se ne vanno i migliori vogliono dire che i peggiori restano.

* Chet Baker, San Francesco, 2003

Faccio l'osservatore di farfalle, se mi passano davanti, ma solo se volano nel mio campo visivo! ...l'insegnamento che mi viene dalla vicenda autobiografica di Baker, dalla sua morte, è proprio questo: dal nulla del poi, la vita non può essere vista che come un'improvvisazione ed è bello dare la voce ad una vita in corso di lettura. Nello spettacolo suono con due musicisti che neppure conosco, non proviamo nei giorni precedenti, non affiniamo nulla: c'è l'improvvisazione di una voce, di alcuni suoni, come la vita di Baker è stata tutta improvvisazione. Nel nostro quartetto si vive una sorta di socialismo storico e non c'è nulla di provato perché nulla è ripetibile: ciò che mettiamo in scena questa sera è una cosa unica che non si ripeterà. ... Viaggiare è tornare con un bottino di immagini, un grande bagaglio di tristezza nelle mani vuote. [viaggio con Baker, ndr] In un posto ovvio, banale, quindi tropicale, dove Chet Baker avrebbe potuto dormire un po' di più. E dove forse avrebbe potuto trovare risposte ai suoi tormenti. ...il grande trombettista era continuamente inseguito, letteralmente non metafisicamente. Negli anni Sessanta fu braccato non solo dalle forze dell'ordine, ma più volte minacciato anche dagli spacciatori di droga. ... In realtà si chiamava Giovanni, lo chiamarono Francesco perché sua mamma, provenzale, gli insegnó il francese e la Chanson de Roland. Francesco era un grande infatuato di cavalleria, e il suo Ordine lo vede proprio così, organizza i frati come i cavalieri della Tavola Rotonda. E siccome ogni cavaliere che si rispetti ha una dama, lui si sceglie Madonna Povertà. Ma allo stesso tempo è un ipocrita ... Nel senso originario greco, cioè un attore. Uno che canta, parla con gli uccelli, danza in cerchio, predica. Si vive sempre sopravvalutando le cose. Anche Francesco è deludente quando lo guardi da vicino. La sua Regola viene massacrata dalla Chiesa, eppure lui l'accetta lo stesso, come oggi non farebbe nemmeno l'ultimo dei satirici, o almeno chiamerebbe 3 o 4 amici giornalisti. L'accetta perché vuole il suo Ordine, a ogni costo. Attenzione alla retorica del semplice, perché il semplice è già condiviso, quindi noioso. La tv è un incontro di boxe. Tu credi di accenderla e fare quello che ti pare, ma lei t'incalza. Lo spettatore è un pugile malmesso, e finisce che le prende.

* Giulietta e Romeo, 2005

Siamo noi gli adolescenti. [a scuola, ndr] Con qualche professore andavo bene, con altri male. E là ho capito che non dipendeva da me, ma da loro. Ci sono epoche in cui qualcuno deve prendersi la responsabilità di riaffrontare quest'opera [Giulietta e Romeo ndr]. Shakespeare non è l'unico: prima di lui c'erano stati Masuccio Salernitano, Luigi Da Porto. Questa è l'opera in cui uno è tutti. Sei innamorato, ma paradossalmente sei anche colui che contrasta il tuo amore. ... 'se devo chiedere un parere autorevole, lo chiedo a me' ... Giulietta e Romeo è italiana di nascita, come novella che passa di mano da Luigi Da Porto a Masuccio Salernitano, a Matteo Bandello: una novella, non ancora teatro, superiore in Bandello al dramma di Shakespeare, una storia talmente congenita all'uomo. La perdita della giovinezza, l'amore tanto grande in quanto non dura. Questo "non durare" è tanto grande!. ... Il loro amore è un oltraggio al mondo e alla contemporaneità! Due che si amano stabiliscono la più assoluta, esclusiva contemporaneità d'essi soli, circondati da esseri risibili e inattuali. L'attualità è essere soli al mondo, soli in due, circondati da cattivi esempi. Chi si ama è un'offesa agli affari, all'amministrazione locale: sto parlando dell'amore in fiamme, dell'amore insensato, della vampa nascente, dell'incendio che sa d'esser doloso. I nostri amori in anticipo sulla vita, quelli che nascono di nascosto, non manifesti per istinto, occultati alle più vicine e basse e alle più lontane e alte gerarchie, l'amore che nessuna forza dell'intero arco parlamentare può rappresentare, che sfugge alla statistica e al sondaggio, all'analisi di mercato, quell'amore senza prodotto. Ma soprattutto, finalmente, senza futuro. L'abbiamo conosciuto, mi vorrei rovinare... parlare del primo amore, dell'amor primo... è importante che Romeo fantastichi all'inizio per Rosalina, ma lo sanno tutti, è il suo amore costruttivo ossia non è l'amore, è dicibile ossia è futuro, è arredamento, è casa, famiglia, figli e un buon lavoro, non è amore, è adeguatezza. Poi Giulietta, il crollo del futuro, l'ora è adesso, la breve eternità umana tra l'usignolo e l'allodola, gli uccellini di Shakespeare che qui, stasera, non ci sono, qui c'è il canto umano, l'usignolo è lui, l'allodola è lei... Giulietta e Romeo è storia nostra, di noi creature viventi, è storia nostra, mortale. ... "L'amore ferma il mondo" L'amore breve che preferisce morire piuttosto che continuare ad essere, o diventare, 'mondo'. Quando ero più giovane, volavo con la mia auto, avrei voluto che non esistessero tragedie sulla terra non perché fossi buono ma perché non mi disturbassero. Correvo all'amore... 'il mondo' non poteva darmi che fastidio. C'è odio tra le due famiglie di Verona, un odio precedente alle sue ragioni, c'è il mondo, volano 'parole d'aria', non si sa perché, la ragione è nell'essere umano, e questi esseri umani la trovano: si odiano perché loro due si ameranno. Si ameranno? Sì. E, in quel momento, la parola politica, la parola affaristica diventerà tremante parola d'amore, fine a se stessa e delirata in due. E questo non va bene al mondo, è cosa dell'altro mondo: la stessa circolazione delle merci è frutto di una controversia, c'è chi ce le ha e chi vuole averle e c'è chi ne ha bisogno, e in mezzo cosa c'è? L'ingaggio di un duello, la contrattazione... L'amore è un abbaglio, rende ciechi e disinteressati se non all'amore. È una lotta tra due cecità, l'altra è quella dell'odio. L'amore nascente, questa grande tentazione, questo squilibrato tentativo... ma siamo nel mondo... appare subito il suo acquirente: una morte sollecita... c'è convenienza.... può sembrare incredibile, c'è convenienza anche per gli amanti. Diventano, anche loro, subito merce, alimenti del sogno, della leggenda, scena, novella, teatro, finzione della nostra morte innamorati. In musica. Parole d'aria dell'odio, parole d'aria dell'amore, arie musicali... ... Sono due adolescenti, due bambini... due pazzi d'amore, le famiglie due maniche di stronzi, il mondo è quello che è, ossia altro da loro. Cosa credi che cerchino? Un posto nascosto, una notte, gli occhi negli occhi, chiusi... o là, così, o in nessun posto. Tutto questo cos'è? Non è mondo, volendo, non è nemmeno vita. La vita, con le sue premure - dove, quando, come - è un intralcio, un ostacolo. L'amore abbatte il mondo come barriera, come spalliera d'edera oltre la quale non c'è altro che il posto per farlo, l'amore. Cosa vuole la voglia? Esaudirsi, spirare... ... è il dramma dell'ovvio, la bella banalità: eccezionale è la sua messa in scena... è sempre un corpo a corpo con la banalità! Così per i duellanti, così per noi. Siamo tutti un po' tiranni, eleviamo la banalità al rango di ministra delle cose del mondo, di ministra per lo spettacolo. Giulietta e Romeo, poi il nulla, un nulla che si fa strada torpidamente, con la spietata espansione della nebbia o del sipario. ... la morte è l'amore, il petto di Giulietta è il più intimo palco nascosto, su questo palco di teatrale intimità forse già troppo esposta. ... e, finalmente, l'amore è eterno, diventa 'amor da morti', 't'amo fino a morire' va oltre, entra nel linguaggio, nella chiacchiera d'amore dei vivi in platea, se ne esce dal teatro, defluisce e va per strada, entra nel loro arredamento ma dura più della lavatrice e del tinello, entra come un tarlo nei mobili. L'opera è una deflagrazione, nella sua semplicità, è il racconto della fine, colpisce i protagonisti ma risparmia il pubblico. ... è una canzone che, finendo, non finisce più, alle volte, di ricominciare. E gli voglio bene a questa canzone, a questa forma breve, a questo dispiacere di perdere la giovinezza, dispiacere che essa insinua sempre coi suoi versi e la sua musica. Dispiacere insieme al sospetto, quale sospetto? Un dubbio forse... spezzata la giovinezza resta quel dubbio... quale? Un vero sospetto e un vero dubbio sono indicibili. E io non voglio dirli, anzi, più vanitosamente, non so dirli. Vorrei parlare a vanvera e, quanto lo vorrei, non avere recensori, per favore...

* 2007, l'artista, Sordi, Totò, Peppino

...la musica leggera italiana arreda tinelli... Il ragazzino che ero mi intimorisce, è l'autore che ammiro di più. ...concretamente né accetto né rinuncio, mi chiudo tutt'e due le vie. Dare speranza quando dovresti essere: la speranza. La parola più infida del mondo. ...fede e ateismo sono due insopportabili presunzioni (...) Alla fine non sarebbero che due perplessità. Composizione è un termine condiviso dall'estetica musicale e da quella mortuaria. "Composizione della salma" mi pare un'espressione giustamente conservativa, da conservatorio. L'artista (come "di seguito" è "detto" nei contratti ogni povero illuso) è un'urna cineraria. Il "di seguito detto artista", com'è scritto nei contratti (il postumo), o "per brevità detto artista" (il caduco), è un complice della merce. L'illusione è che (io) sia un guastatore, un infiltrato o, stupidamente, un eroe. La maggioranza è romanzesca, la minoranza è poetica ma raramente. Più spesso è presunzione lirica, quindi maggioranza. Sordi come Totò e Peppino, il loro cinema, sono gli originali di cui Apocalypse Now e Blade Runner sono il plagio spettacolare. Sono entrati nelle tenebre del cuore e hanno visto cose. (forse continua)
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